Le meduse sono tra le prime forme di vita apparse negli oceani, appartengono al phylum degli Cnidari (o Celenterati) e devono il loro aspetto gelatinoso al fatto che per il 98% sono composte da… acqua!
Nella parte superiore del corpo, chiamata ombrella, ci sono il sistema digerente, riproduttivo e nervoso ed è la parte che permette il movimento. La bocca si trova tra i tentacoli che, in genere, hanno piccole capsule urticanti, perché li usano per difendersi dai predatori e per paralizzare le prede (plancton e fitoplancton).
Sono fonte di cibo per moltissimi animali marini: pesci, uccelli, tartarughe e svariati invertebrati e perciò molto importanti per tutto l’ecosistema marino. Inoltre, non tutti sanno che le meduse rappresentano uno stadio vitale di un organismo più complesso, il cui primo stadio è quello di polipo.
I polipi sono invertebrati marini che vivono in colonie attaccati al fondo, si riproducono in modo asessuato e danno vita ad una piccola larva che si trasformerà in medusa. Questa si riprodurrà sessualmente, dando vita a delle larve che si fisseranno al substrato dando origine ai polipi e facendo ripartire il ciclo.
I polipi producono un robusto scheletro calcareo esterno e andranno poi a formare… i coralli!
Quindi, quando al ristorante vedete scritto “insalata di polipo”, o vi preparate psicologicamente a mangiare dei coralli, oppure fate presente l’errore: polpo, non polipo!
Tornando alle meduse, negli ultimi anni si è assistito ad un aumento della quantità di meduse. Questo è dovuto al fatto che sono diminuiti i loro predatori a causa della pesca eccessiva e dell’inquinamento (soprattutto da plastica e idrocarburi). Inoltre, a causa del surriscaldamento globale, che ha aumentato la temperatura dell’acqua, si possono trovare specie “aliene” provenienti dal Mar Rosso o dagli Oceani.
Nel Mediterraneo non sono presenti meduse mortali, la maggioranza delle specie sono innocue.
Se si dovesse venire a contatto con le parti urticanti dei tentacoli, ecco cosa fare:
- sciacquare la ferita con acqua di mare per togliere il più possibile i residui urticanti, senza grattare o strofinare. Non utilizzare acqua dolce perché favorisce la rottura delle cnidocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle ed aumentare il dolore;
- il bruciore passa da solo, ma per lenire il dolore, in caso di lesioni o vesciche, si possono usare creme a base di cloruro di alluminio acquistabili in farmacia;
- non esporre l’ustione al sole per qualche giorno, per limitare la formazione della cicatrice.
Alcune tra le meduse più diffuse nel Mediterraneo sono:
- Cassiopea (Cotylorhiza tuberculata): 30 cm di diametro e totalmente innocua per l’uomo, i suoi tentacoli non sono urticanti e tra di essi trovano rifugio e nutrimento piccoli pesci e granchi;
- Polmone di mare (Rhizostoma pulmo): può arrivare a 60 cm di diametro e pesare fino a 10 kg ed è innocua per l’uomo. Facilmente riconoscibile perché l’ombrella è ornata da una fascia blu-violaceo, tentacoli corti e una forma che ricorda il tessuto polmonare;
- Medusa luminosa (Pelagia noctiluca): colorazione violetta, l’ombrella non supera i 10 cm di diametro, ma i tentacoli estesi possono raggiungere anche i 10 metri. E’ molto urticante e possiede cellule urticanti anche sull’ombrella;
- Medusa quadrifoglio (Aurelia aurita): ombrella sferica, bianco trasparente, chiamata così per via delle quattro gonadi circolari che ricordano un quadrifoglio. Corti e sottili tentacoli urticanti.
Da qualche anno possiamo sempre più frequentemente incontrare durante i nostri bagni al mare anche un’altra creatura molto simile ad una medusa di piccole dimensioni, trasparenti e senza tentacoli esterni.
Si tratta della Noce di mare (Mnemiopsis leidyi), uno Ctenoforo lungo pochi centimetri e privo di cellule urticanti, per cui totalmente inoffensivo per l’uomo. Emettono bioluminescenza quando vengono stimolati dalla luce o dal contatto. E’ una specie originaria delle coste americane dell’Atlantico che si è diffusa con l’acqua di zavorra delle navi da carico. Si cibano di uova e di larve di pesci, perciò a differenza delle meduse, sono ritenuti dannosi per l’itticoltura.